Come si fa a diventare donatori di midollo osseo?

Per diventare donatori di midollo osseo è necessario presentarsi, senza impegnativa medica, presso un Centro Donatori che aderisce al progetto, per sottoporsi al prelievo di un campione di sangue (come per una normale analisi). Il Centro Donatori farà firmare l’adesione al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo.

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I risultati delle analisi verranno poi inseriti in un archivio elettronico gestito a livello regionale e a livello nazionale. In seguito, al riscontro di una prima compatibilità con un paziente, il donatore sarà chiamato a ulteriori prelievi, sempre di sangue, per definire ancora meglio il livello di compatibilità.

A questo punto entra anche in gioco la “serietà” del donatore: l’adesione iniziale firmata in corrispondenza del primo prelievo ha solo valore morale e fino all’ultimo il potenziale donatore può ritirarsi (con quali conseguenze per tutti coloro che si sono impegnati sul programma e per le speranze del paziente e dei suoi familiari è facile immaginare).

Tutto ciò rende chiaro che il donatore di midollo osseo è un donatore atipico, che offre la propria disponibilità, nel caso raro di compatibilità con un paziente, a sottoporsi, nel più vicino centro autorizzato, al prelievo, che seppur fastidioso non comporta alcuna conseguenza per la salute. La sua disponibilità, gratuita e anonima, non ha limiti geografici; viene, infatti, a far parte dell’insieme dei donatori di tutto il mondo.

Si deve anche sottolineare che, il più delle volte, il donatore selezionato è l’unico al mondo a essere compatibile con quel malato.

Chi può candidarsi come donatore di midollo osseo?

Qualunque individuo di età compresa tra i 18 anni (per motivi legali) e preferibilmente i 35 anni, che abbia un peso corporeo superiore ai 50 kg, può essere un donatore di CSE purché, ovviamente, non sia affetto da malattie del sangue, da malattie croniche gravi o da altri gravi forme infettive (AIDS, epatite, ecc.). La disponibilità del donatore resta valida fino al raggiungimento dei 55 anni (per motivi clinici).

Il donatore di CSE è uno dei pochi donatori che, una volta chiamato a rispondere della propria disponibilità, ha la consapevolezza di poter contribuire al tentativo di salvare la vita di un individuo ben preciso, spesso di un bambino.

I criteri che escludono dalla donazione di midollo osseo sono gli stessi applicati per la donazione di sangue e sono quelli enunciati dalla legge trasfusionale italiana n. 219 del 21 ottobre 2005 e dai relativi decreti attuativi e di aggiornamento: “I principali motivi per cui non devono donare sangue coloro che così facendo metterebbero a rischio la salute dei riceventi la donazione, come il caso di coloro che hanno comportamenti sessuali ad alto rischio di trasmissione di malattie infettive o sono affetti da infezioni da virus HIV/AIDS e/o da epatite o sono tossicodipendenti o fanno uso di sostanze stupefacenti”. (Estratto dal Decreto riguardante i protocolli per l’accertamento dell’idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti emanato dal Ministero della Sanità il 3 marzo 2005).

La donazione di midollo è riconosciuta dal Servizo Sanitario Nazionale?

I diritti del donatore sono oggi riconosciuti in modo specifico dalla legge n. 52 del 6 marzo 2001, la cui recente entrata in vigore dopo anni di iter parlamentare si deve all’impegno e agli sforzi di tutta l’organizzazione ADMO in Italia.

Il donatore di midollo osseo è equiparato agli altri donatori (assenza retribuita dal posto di lavoro per il tempo occorrente a effettuare la tipizzazione HLA, gli esami necessari a verificare l’eventuale compatibilità con un paziente e la donazione effettiva a carico del servizio sanitario, così come l’assicurazione infortuni, ecc.) e finalmente il Registro Italiano può operare con la sicurezza e l’autorità conferitagli dalle Istituzioni nazionali, al pari di quelli degli altri 43 Paesi collegati.

ADMO può fornire a tutti gli interessati le indicazioni più opportune, in funzione della residenza del potenziale donatore.

Il 5 giugno 2002, con Decreto del Ministro della Salute, ADMO è stata nominata nella “Commissione Nazionale per i trapianti allogenici da non consanguineo” prevista dalla legge sopraindicata.

A che cosa è sottoposto il donatore che viene trovato “compatibile” con un paziente?

Il prelievo delle cellule staminali emopoietiche può avvenire secondo due diverse modalità. La scelta dipende dalle indicazioni del trapiantologo, in base alle necessità del paziente e dalla disponibilità del donatore alla tipologia richiesta.

La prima modalità di donazione è quella più “antica”, consistente cioè nel prelievo di midollo osseo ( CSE midollari ) dalle creste iliache posteriori e richiede la spedalizzazione del volontario. Il prelievo avviene nel più vicino centro autorizzato, in anestesia generale o epidurale, con un intervento della durata media di circa 45 minuti. La procedura prevede dei rischi minimi legati all’anestesia e alla modalità di raccolta.

La quantità di sangue midollare che viene prelevata mediante punture alle ossa del bacino (0,7-1 litro) varia in funzione del peso del donatore e della quota ideale richiesta per il ricevente. Dopo il prelievo il donatore è tenuto normalmente sotto controllo per 48 ore prima di essere dimesso e si consiglia comunque un periodo di riposo precauzionale di 4-5 giorni. Il midollo osseo prelevato si ricostituisce spontaneamente in 7-10 giorni. Il donatore generalmente avverte solo un lieve dolore nella zona del prelievo, destinato a sparire in pochi giorni. Verrà comunque ricontattato sino ad un anno dalla donazione per verificare il suo stato di salute.

La seconda modalità è la donazione di CSE con prelievo da sangue periferico dopo stimolazione con fattori di crescita ematopoietici.

Negli ultimi anni, con l’avvento di nuovi protocolli trapiantologici che si giovano dell’utilizzo di CSE da sangue periferico dopo stimolazione con fattori crescita, vi è stato un incremento della richiesta di tale donazione. In Italia essa è proponibile, anche in prima donazione, dal gennaio 2005.

La donazione in questo caso prevede la somministrazione di un farmaco nei 3-4 giorni precedenti il prelievo. Il farmaco è un “fattore di crescita” che ha la proprietà di rendere più rapida la crescita delle cellule staminali e di facilitarne il passaggio dalle ossa al sangue periferico; esso viene somministrato mediante iniezioni sottocutanee. Il prelievo di CSE avviene in aferesi , impiegando separatori cellulari: il sangue, prelevato da un braccio, attraverso un circuito sterile entra in una centrifuga dove la componente cellulare utile al trapianto viene isolata e raccolta in una sacca, mentre il resto del sangue viene reinfuso dal braccio opposto.

Per tale motivo, restando valide tutte le controindicazioni alla donazione già previste per la donazione di CSE midollari, non sono considerati idonei per questa modalità coloro che hanno un accesso venoso difficoltoso.

I disturbi che più comunemente si possono avvertire sono: febbricola, cefalea, dolori ossei causati dalla stimolazione dell’attività del midollo osseo, senso di affaticamento. Essendo legati alla somministrazione del farmaco, essi scompaiono rapidamente alla sospensione del trattamento farmacologico. Nel mondo già diverse migliaia di donatori hanno donato CSE sottoponendosi a tale modalità e non sono state registrate problematiche legate all’assunzione del farmaco che non abbiano potuto essere risolte.

Il donatore sottoposto a tale donazione viene seguito e sottoposto a esami di controllo nei 30 giorni successivi alla donazione stessa, per evitare qualunque possibile, e al momento ignota, conseguenza. Inoltre verrà ricontattato sino a 10 anni dalla donazione per raccogliere eventuali segnalazioni.
Con entrambe le modalità di raccolta di cellule staminali emopoietiche il donatore non subisce, quindi, nessuna menomazione.

È possibile candidarsi per una seconda donazione?

Il nostro organismo è in grado di sopportare più di una donazione di midollo osseo ma il Registro Italiano Donatori Midollo Osseo (IBMDR), in collaborazione con il Gruppo Italiano Trapianti Midollo Osseo (GITMO), ha stabilito che i donatori volontari non verranno più inseriti nel Registro dopo aver effettuato una donazione, a tutela dei donatori stessi. Unica possibile eccezione, in caso di fallimento del primo trapianto, un’ulteriore donazione a favore dello stesso paziente.
Questa seconda donazione può riguardare: 1) nuovamente le cellule staminali emopoietiche (CSE), in caso di mancato attecchimento del midollo donato; 2) le cellule nucleate periferiche (e allora si parla di DLI: Donor Lymphocyte Infusion – Infusione di linfociti del donatore) in caso di ricomparsa della malattia.

Raccolta di cellule staminali. 
L’ulteriore raccolta di cellule staminali può avvenire attraverso un nuovo prelievo di sangue midollare oppure dal sangue periferico, ovvero dal sangue circolante.
Per quest’ultima procedura è prevista la somministrazione al donatore di particolari farmaci noti come “fattori di crescita”, in grado di mobilizzare – cioè di “far accorrere” – nel sangue periferico un gran numero di cellule staminali, che di solito risiedono nel midollo osseo.

Infusione di linfociti del donatore (DLI).
Il numero di seconde donazioni effettuate dai donatori IBMDR dal 1989 a oggi è pari a 167, rispetto alle oltre 1.900 prime donazioni (7% circa). Se però si osservano nel dettaglio i dati, si nota come dal 2002 la percentuale di seconde donazioni sia in costante aumento. Analizzando la tipologia delle donazioni eseguite appare chiaro che l’incremento è in massima parte dovuto all’aumentata richiesta di DLI.
A spiegazione di questo fenomeno va ricordato che, a partire dal 2002, sono stati introdotti nuovi protocolli di trapianto che prevedono per il paziente una preparazione al trapianto meno aggressiva (e meno rischiosa), con una irradiazione corporea a dosi ridotte. La maggior probabilità di ricaduta che questo comporta viene bilanciata dalla somministrazione di linfociti prelevati dal donatore di midollo, per ottenere la completa eliminazione delle cellule malate del paziente. Quindi: non solo trapianto di midollo, ma anche infusione di linfociti, possibili entrambi grazie a uno stesso donatore.
La donazione di linfociti comporta un prelievo in “aferesi”, una procedura normalmente eseguita nei servizi trasfusionali: nel corso della stessa sessione di prelievo, il sangue viene fatto passare attraverso un particolare strumento – un separatore cellulare – e reinfuso al donatore dopo essere stato “alleggerito” delle cellule necessarie alla donazione. Questa procedura è priva di pericoli e non necessita di alcun tipo di anestesia né di trattamenti farmacologici preliminari, ma rappresenta comunque un ulteriore impegno (quantomeno di tempo) per donatore IBMDR, che ha già ampiamente risposto alle aspettative del paziente, sottoponendosi al primo prelievo di midollo osseo.

Visto che la probabilità di richieste di DLI è quasi raddoppiata dal 2001 a oggi, è parso opportuno rivedere e aggiornare le notizie che vengono date all’iscritto IBMDR al momento del colloquio informativo che precede la prima donazione, e che devono essere ovviamente ribadite anche dopo la stessa. Si ricorda, fra l’altro, che l’IBMDR richiede l’eventuale disponibilità del volontario a essere ricontattato in caso di necessità di una nuova donazione attraverso un questionario, proposto a un giorno e poi a trenta giorni dalla donazione. A dimostrazione della grande generosità dei donatori, va sottolineato che ben l’80% dei volontari già sottoposti a prelievo ha confermato la propria disponibilità a una seconda donazione a favore dello stesso ricevente.